In un paese sconvolto dalla fame e dalla criminalità, quello di Maduro sembra sempre più un regime autocratico. Continuano gli scontri dopo il tentativo di assunzione dei poteri del parlamento da parte del tribunale supremo di giustizia e l’interdizione di Henrique Capriles. Mai la rivoluzione bolivariana desiderata da Chávez era sembrata più lontana.

Quando Hugo Chávez, leader del partito di sinistra Movimiento V repùblica, fu eletto presidente nel 1999, molti credettero di trovarsi ad un punto di svolta: forse c’era ancora speranza per il Venezuela, paese dalle riserve petrolifere seconde solo a quelle dell’Arabia Saudita, ma ugualmente con un altissimo tasso di povertà.

Ex tenente colonnello dell’esercito e grande fautore dell’ideologia denominata “bolivarismo”, nel 1992 era stato arrestato in seguito al fallimento di un tentativo di golpe da lui guidato, guadagnandosi però la simpatia di moltissimi venezuelani. Durante i suoi quattordici anni di governo, è riuscito ad ottenere importanti vittorie in ambito sociale, promuovendo programmi di lotta alla povertà ed impiegando una percentuale maggiore degli introiti petroliferi nelle politiche per la casa, l’istruzione e l’assistenza sanitaria, senza però investire a sufficienza nello sviluppo del paese. Ha aumentato il controllo dello stato sull’industria petrolifera, oltre a confiscare fabbriche e grandi aziende agricole private ma, così facendo, molte aziende sono fallite, sono diminuite le esportazioni non petrolifere e l’economia produttiva si è ridotta moltissimo. E, quando è crollato il prezzo del petrolio, l’economia è affondata.

Alla morte di Chávez nel 2013, venne eletto presidente Nicolás Maduro, ancora in carica.

Attualmente, la situazione sociale in Venezuela ha raggiunto nuovamente livelli allarmanti. Chi non può permettersi gli esorbitanti prezzi dei bachaqueros, gli approfittatori, deve fronteggiare quotidianamente la mancanza di beni di prima necessità, tra cui alimenti e medicine. Sono ricomparse malattie debellate da tempo, come la difterite, la peste e la malaria. E, mentre la criminalità dilaga, la situazione non accenna a migliorare: secondo il Fondo monetario internazionale, l’inflazione potrebbe raggiungere il 1660 per cento entro la fine di quest’anno.

Ormai la maggior parte dei venezuelani non sostiene più il presidente Maduro. La coalizione di partiti all’opposizione, Mesa de la unidad democrática (Mud), gode della maggioranza in parlamento sin dalle elezioni legislative del 2015, ma il tribunale supremo di giustizia (Tsj), vicino al presidente, respinge regolarmente i suoi progetti di legge. Il 20 ottobre 2016, il Consiglio nazionale elettorale ha sospeso a tempo indeterminato la procedura per indire il referendum con cui confermare o revocare l’incarico al presidente, accorgimento inserito da Chávez nella costituzione; quando l’opposizione ha indetto uno sciopero generale come reazione ad una decisione antidemocratica ed ingiustificata, il governo ha minacciato di espropriare le aziende che vi avessero preso parte, circondando di agenti della Sebin, il servizio d’intelligence venezuelano, la sede dell’Empresas Polar a Caracas, la principale azienda alimentare del paese, e la casa del suo proprietario Lorenzo Mendoza.

Il 30 marzo, il Tsj si è attribuito i poteri del parlamento, dopo aver revocato l’immunità a tutti i parlamentari appena due giorni prima. Le moltissime proteste che si sono accese in tutto il paese e le pressioni a livello internazionale, anche da parte dell’Onu, hanno portato Maduro a dichiarare che il tribunale sarebbe tornato sui suoi passi. E così è stato. Ma non è bastato a spegnere l’indignazione del popolo venezuelano, che ha continuato ad indire cortei e proteste di ogni tipo in tutto il paese, specialmente dopo che Henrique Capriles, uno dei principali esponenti dell’opposizione, è stato bandito dalla politica per 15 anni. Le manifestazioni sono state spesso represse violentemente dalla polizia: nelle ultime settimane sono morte cinque persone, tra cui un ragazzo di 19 anni ed uno appena quattordicenne, e ne sono rimaste ferite decine.

Nel frattempo, a seguito alle forti sollecitazioni internazionali degli ultimi giorni, Maduro ha finalmente annunciato le elezioni presidenziali, che si sarebbero dovute svolgere già nel 2016, per il 2018. Il tempo necessario per rendere inoffensivi tutti gli altri avversari politici.

Aurora Cappelli